Raccolte e romanzi

Gli esordi e le prime raccolte

I primi esperimenti poetici di Bruno Ginanni Corradini sono precocissimi e risalgono al 1910 come la lirica I vecchi, la poesia che sconvolse ed indignò gli abitanti della sua Ravenna, vecchi e immobili proprio come l’antica città. Lo scandalo fu provocato da questi versi:

“Vecchi sacri, muti profeti della putredine,
vecchi sfiniti, pallidi spettri dell’eternità,
noi vi preghiamo vecchi, finite, vi promettiamo
un bel funerale, inni, fanfare, tutti verranno,
vi copriranno di fiori la tomba, e piangeranno;
noi vi preghiamo vecchi, finite, vecchi, MORITE!”

Maltrattare il vecchiume era all’epoca una sorta di parola d’ordine dell’avanguardia letteraria futurista e questo brano si potrebbe ricollegare a quelle che saranno le teoriedi Filippo Tommaso Marinetti, fondatore del Futurismo, che per un futuro radioso doveva sconfiggere le città di Podagra e Paralisi.

La primissima produzione di Bruno Corra è andata in parte perduta. Ci rimangono a testimonianza alcuni titoli citati nella corrispondenza di Marinetti e del musicista Pratella. Le prime pubblicazioni ufficiali appaiono sulle riviste letterarie «Il Centauro» e «La Rivista» negli anni 1912, 1913.

È interessante anche notare, in questo periodo iniziale, la preferenza per le riflessioni critico-liriche, ossia divagazioni liriche stimolate e sviluppate da uno spunto critico come in Il pastore, il gregge e la zampogna di E. Thovez, Chantecler. (Interpretazione lirica) del 1912.

Questi lavori giovanili furono poi in maggioranza ripubblicati nella raccolta poetica Con mani di vetro del 1915 che contiene anche i primi romanzi cosiddetti “sintetici”, ovvero “senza capitoli di preparazione, senza squarci riempitivi, senza particolari oziosi, senza luoghi comuni, solo l’essenziale”. Tra i più noti ricordiamo Note biografiche di Lapa Bambi. La protagonista, una donna grassa, estremamente intelligente ma all’apparenza stupida, chiamata da tutti Patata, è una donna infelice sia nel matrimonio che maggiormente nella vita. E proprio a causa di quest’infelicità Lapa decide di uccidersi, dando così la possibilità all’autore di descrivere, per la prima volta, un esempio di funerale comico, che sarà poi comune ai futuristi, ai surrealisti e ai dadaisti.

Sam Dunn è morto

La raccolta Con mani di vetro contiene anche il romanzo considerato la “pietra miliare” dell’esperienza letteraria di Bruno Corra: Sam Dunn è morto, scritto nel 1914, ripubblicato poi nel 1917 e riedito nel 1970. È un romanzo insolito, avvenirista, che comprende al suo interno alcuni degli elementi tipici della letteratura d’avanguardia e della corrente letteraria Futurista. La storia è ambientata nel futuro prossimo, negli anni tra il 1943 e il 1952. Viene narrato l’itinerario del saggio ma scettico Sam Dunn, uomo “superiore” ricco di fantastiche energie occulte, capace di imprese bizzarre e di astrazionidurante le quali rimane di un’immobilità totale. E’ in grado, grazie ad un potenziamento delle sue facoltà psichiche di convogliare su Parigi un fascio di “energie magnetizzate” che scatena una follia generale negli abitanti della città. Le persone più normali si scatenano in inaudite bizzarrie, ad esempio a un certo punto tutti i cittadini sono spinti dall’indomabile desiderio di pizzicare i glutei delle signore. Ed è proprio a causa dei glutei della giunonica cameriera Rosa André che l’autore può dire che “Sam Dunn è morto”. Il protagonista viene infatti crudelmente percosso e ucciso dalla parte posteriore del corpo della donna. Sam Dunn è morto, ma questo

“non impedirà l’avvento meraviglioso che molti indizi annunciano […] Noi viviamo su una polveriera di fantasia che non tarderà a scoppiare […] Tutti conoscono le poche righe pazzerellone che egli scrisse in alcuni minuti prima di morire: IO sono un attimo bizzarro galleggiante nella pazzia dell’esistenza. ME ne sto sulla poltrona sbalordito ed incerto di fronte alla realtà tranquillamente vivente. NE ho un’impressione di vertigine non pericolosa in fondo. FREGO un cerino ed accendo, vivaddio, una buona sigaretta”

Esemplare nella sua essenzialità, l’opera è un vero e proprio romanzo sintetico che annoda e svolge motivi provenienti dai territori più fecondi della narrativa futurista: l’occulto e il comico. La loro mescolanza porta alla suggestione dell’assurdo che resiste allo “straniamento” realizzato dalla comicità, si ride di qualcosa che sorprende e suscita paura. Nel racconto affiorano tracce di un mondo altro che ha delle sue regole inflessibili e inspiegabili. Sam Dunn è morto è un romanzo fondato sull’idea che noi viviamo sopra una polveriera di fantasia che non tarderà a scoppiare, e che scoppierà proprio con quel romanzo estroso in cui il surrealismo è presente, addirittura preponderante.

Nel 1919 Corra pubblica un’altra raccolta dal titolo Madrigali e grotteschi che comprende Con mani di vetro e altri componimenti, racconti e romanzi, successivi al 1914. Anche in questi scritti, come in quelli immediatamente successivi, continua la sperimentazione linguistica e contenutistica, che lo porterà anche a cimentarsi con la “parolibera”. Escono, nell’immediato dopoguerra, due singolari romanzi di tematica amorosa intitolati Io ti amo, e La famiglia innamorata, significativi di una nuova, originale e futuristica interpretazione dell’amore. Sempre più coinvolto dal Movimento anche politicamente Corra pubblica insieme a Marinetti L’Isola dei Baci e successivamente I bevitori di Sangue dedicato a Mussolini. 

A. Ginna, Disegno per “Il Toro” di Bruno Corra. 1922 circa. Roma, collezione privata.

Gli anni Venti e l’allontanamento dal Futurismo

Già dai primi anni Venti si assiste ad un progressivo allontanamento dalle tematiche più estreme della letteratura d’avanguardia ed un corrispondente defluire su posizioni più tradizionali: i due romanzi del 1921 Santa Messalina e Femmina bionda, annunciano i successivi sviluppi dell’attività letteraria di Bruno Corra.

Nel 1924, deluso dal fallimento del progetto della “Baracca”, un teatro futurista circense e itinerante, Corra si distacca dal Movimento futurista, ma questa decisione non interrompe la sua carriera letteraria. Continua infatti, durante gli anni successivi, a pubblicare numerosi romanzi che rientrano nel genere della letteratura di evasione, riscuotendo un notevole successo di pubblico. Egli stesso si dichiara uno “scrittore per bene”, affidando a questa definizione un intento letterario: la sua letteratura, che da tempo mostrava i segni di un’involuzione, ha ormai smesso i panni avanguardisti per assumere un ruolo più tradizionale. Si tratta di testi basati sulla capacità di alternare registri espressivi diversi, che l’autore ha acquisito nel corso delle sue svariate letture.

Sono romanzi storici, di avventura, di analisi psicologica, tutti caratterizzati dall’abilità narrativa e dal tocco personale dell’autore, la cui attenzione viene richiamata da vicende insolite, inverosimili, da casi particolari di personaggi enigmatici che si ritrovano calati in una realtà convenzionale.

Tra i vari titoli possiamo ricordare Il Toro (1922), Perché ho ucciso mia moglie (1922), L’allegra avventura (1925), Sanya la moglie egiziana (1927) e la raccolta Gli amori internazionali (1926). In quest’ultima, abbandonata l’aggressività, la temeriarietà, il salto mortale, lo schiaffo, l’autore tenta nuove vie per sovvertire la tradizione letteraria. Brevi racconti, storie d’amore ambientate in scenari artificiosamente esotici. La parodia del linguaggio e degli stereotipi del romanzo d’appendice producono effetti di caustica ironia. Il recupero di temi e di strutture narrative più tradizionali è accompagnato dalla palese esigenza dell’autore di un successo editoriale, dalla ricerca di approvazione e notorietà presso il pubblico e, soprattutto, dal bisogno di una stabilità economica. 

A. Ginna, schizzo per “Il Toro” di Bruno Corra. 1922 circa. Roma, collezione privata.

Dagli anni Trenta agli anni Cinquanta

All’interno dei romanzi di questo periodo, per quanto diversi tra loro per genere e ispirazione, si possono ritrovare delle linee comuni come l’ambientazione dei romanzi rosa e dei successivi romanzi degli anni Trenta, in cui Corra riporta alla luce il dualismo città-provincia della sua terra, la Romagna. L’ambiente provinciale, dove sono preservati dei valori autentici, funge da antinomia rispetto all’ambiente cittadino, in cui prevale la superficialità mondana della borghesia.

La Romagna rappresenta un elemento importante nella letteratura corriana, e proprio quest’importanza spiega la scelta di Corra di narrare le vicende leggendarie di un famoso brigante romagnolo in uno dei suoi romanzi più conosciuti e apprezzati, Il Passatore, (contatto con cinema) pubblicato per la prima volta 1933, e poi trasforma in soggetto per un film nel 1947. Nel narrare le vicende del brigante Stefano Pelloni l’autore non presta attenzione alla verosimiglianza storica, ma al contrario, grazie alla scarsità di notizie sulla vicenda, aiutato dalla fantasia, arriva a creare una vera e propria ‘psicologia romagnola’.

La copiosa produzione di Corra in questi anni comprende romanzi ma anche commedie che spesso divengono soggetti teatrali di successo o anche successivamente, soggetti e sceneggiature cinematografiche.

Passando da un genere all’altro Corra continuerà ad essere considerato uno scrittore di successo fino all’inizio degli anni Cinquanta, ma poi comincerà ad isolarsi sempre di più, rinchiudendosi in se stesso e nelle sue ossessioni, rinunciando così alla narrazione e ad una presenza attiva nel panorama culturale italiano .

Di un certo interesse è il volume intitolato Come diventare scrittore di successo edito nel 1956. Corra scrive questo saggio alla fine di una carriera che potremmo definire di successo seppure discontinua e per alcuni versi incoerente. L’autore dichiara apertamente all’inizio del saggio l’intenzione di scrivere un

“… manuale dell’apprendista scrittore di piccolo e medio calibro. Un trattatello ad uso di chi ambisca a vedersi pubblicato e naturalmente pagato … Chi ha di fronte la luce del genio se ne andrà da solo verso la sua strada: verso la gloria, o verso il martirio del non essere compreso dai contemporanei.”

È lo spoetizzante resoconto di uno scrittore deluso che ha raggiunto il successo e la serenità economica solo rinunciando alla sua vera vocazione artistica.

Testo di Lavinia Russo, supervisione di Lucia Collarile.